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Notte prima degli esami - Diario di viaggio

Notte prima degli esami - Diario di viaggio

di Michela Pisu- Quando si parte per sostenere un esame non si è mai completamente lucidi, è come se dentro il tuo cervello ci fosse una carta velina che ti opprime le facoltà mentali. Ovviamente la sensazione è assolutamente soggettiva e non so se i miei alunni (quegli alunni che ho accompagnato a Grosseto) sentano quella sensazione che io, invece, ho sempre provato. Questo scritto non vuole essere un freddo pezzo giornalistico, una precisazione che mi sento di fare forse più a me stessa (che sono abituata a scrivere rispondendo alle cinque famose domande della W) più che a quelli che avranno voglia di leggere: in queste righe scriverò una sorta di diario di bordo, un resoconto di ciò che io e la mia ciurma abbiamo vissuto nei dieci giorni di esame

Giorno della partenza 

Avrò visto l’aeroporto di Elmas un centinaio di volte (o forse più), eppure mi fa sempre lo stesso effetto: partire è sempre un po’ come morire, anche quando significa rinascere. Non era certo questo il caso, in fondo i ragazzi stavano partendo per sostenere un esame che li avrebbe portati un gradino più su della scala scolastica. O forse era proprio questo il caso? Una rinascita se il pollice era in alto, una sconfitta se il pollice era verso. Incrociavamo tutti le dita.

 La ciurma era stata puntuale. A parte Andrea S, ovviamente. Mentre ripenso al momento in cui ci ha raggiunto nella postazione dell’imbarco con la sua solita calma che fa perdere la calma mi viene da dubitare che lui, in fondo, sapesse che il  nostro aereo – Cagliari-Fiumicino – sarebbe poi partito con un’ora e mezzo di ritardo. Ora d’imbarco 10.30, orario di partenza le 12. Sono cose che possono succedere soprattutto in un’isola in cui vi è il monopolio dei voli. Ma il comandante ha spiegato che il motivo di tanto ritardo è stato causato dal traffico aereo.

Sono una fantasiosa per natura e l’immagine di numerosi ‘aggeggi con le ali’ fermi ad un semaforo in mezzo alle nuvole non mi è difficile da formulare, ma mi rendo conto che si rasenta la fantascienza. Ad ogni modo io e la ciurma ce l’abbiamo fatta: siamo partiti. Con sbuffi e vari “non è possibile” detti alla casteddaia siamo saliti sul velivolo che ci avrebbe portati a Roma. Ed è lì che viene il bello.

 Silvia osservava il rullo, e più lo vedeva percorrere il suo consueto giro si convinceva che sarebbe dovuta andare a Chi l’ha visto per cercare la sua valigia data (solo da lei) per dispersa, giusto perché un po’ di ansia non è mai troppa. La valigia però non era affatto dispersa, semplicemente aspettava il suo turno tra migliaia di bagagli che aspettavano, a loro volta, il turno. Quando poi Silvia ha potuto riabbracciare la sua sospirata valigia, si è concertata alle richieste di cibo di Chiara.

Una cosa va messo per inciso: la piccola Chiara ha sempre fame, anche quando ha già ingurgitato un trancio di pizza accompagnato da un cornetto alla crema, lei ti dirà con estremo candore: “ma io ho ancora fame!”. Angelica, ansiosa per l’esame si chiedeva cosa mai sarebbe successo il giorno dopo. Il resto della ciurma, invece, dimentica del mondo che gli ruotava attorno, si disponeva in modo sparso per l’aeroporto. Per poi costringermi ad andarli a ripescare. E io? Pensavo al posto in Paradiso che mi stavo conquistando.  Dove è finita la valigia di Andrea D?  Questo è un capitolo che va scritto a parte. Solo così è possibile leggere il grottesco che è in tutta la situazione.

All’aeroporto ci aspettava un pulmino (che poi erano due) che ci avrebbe poi portati a Termini. Andrea canticchiava felice e mentre mostrava la sua bravura canora ha posto le sue grosse valigie nel bagagliaio di uno dei due taxi, ed è poi salito nell’altro. Il perché di questa manovra si può spiegare con una sola parola: incasinamento. Quando scendiamo è il caos. Una delle due valigie è scomparsa, ma non come il bagaglio di Silvia: la valigia contenente i vocabolari e gli arnesi del mestiere di un buon esaminando si era letteralmente volatilizzata. La domanda è: Andrea ha posto entrambe le sue valigie del bagagliaio del pulmino, o magari una l’ha lasciata all’aeroporto? La risposta è ancora in viaggio, bloccata tra le linee telefoniche che univano il cellulare di Andrea con quello dell’aeroporto. Alla fine sono state ipotizzate diverse teorie.

Per Rossana la causa erano alcuni napoletani fermi alla stazione Termini che, a quando sosteneva l’autista del taxi, erano appostati per rubare valigie. E siccome detesto gli indici puntati in questo modo poco nazionalistico, mi sono permessa di dubitare. Del resto la valigie erano controllate a vista. Anche se forse ad una vista poco ravvicinata. Altri si convincevano che il bagaglio di Andrea era ancora fermo sul marciapiede dell’aeroporto e che avrebbe avuto presto un passaggio da qualcuno disposto a concedere passaggi alle valigie degli estranei. Ma c’è anche un’altra teoria, quella aliena: la valigia dispersa è stata semplicemente rapita dagli extraterrestri perché curiosi di sapere come i terrestri fanno le valigie. Del resto i marziani sembrano essere tanto intelligenti da giungere fin sul pianeta Terra, ma non sono abbastanza furbi per scendere dalle loro astronauti. E con questo dilemma della sparizione della valigia di Andrea abbiamo preso il treno per Grosseto. Il viaggio continua Abbarbicati dentro le cuccette marroni io e la mia ciurma abbiamo cercato di riposare un po’, del resto dovevamo percorrere ancora 188 chilometri: non tantissimi, ma neppure pochi se la distanza è quella che ti separa da una doccia rinfrescante. Ma il viaggio non è stato poi così lungo, anche perché il nostro treno era un IC quindi siamo riusciti a raggiungere la splendida Maremma toscana in un’ora e mezzo. Insomma, davvero veloce per essere un treno che “va a carbone” (e cito le testuali parole di Angelica). Ma stava scherzando…ha detto.  Grosseto è una piccola cittadina, grande più o meno come la nostra Quartu Sant’Elena, con la differenza che la città toscana ricorda un’antica roccaforte medievale e Quartu, invece, la roccaforte di… se ci penso poi mi viene! I ragazzi stanchi dopo un intero giorno di viaggio si sono congedati molto presto nelle rispettive stanze. Del resto il bello doveva ancora venire.

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